Ironia della sorte

Porto avanti – bene o male – due blog: uno, questo, “figlio dell’amore”, ultimamente trascuratello anzichenò, anzi, ormai da settimane in serio pericolo di vita per cronica mancanza di motivazione. Un altro, “figlio della necessità”, Usare WordPress.com, nato come blocco appunti per fissare idee e tutorial per sfruttare al meglio questa piattaforma.

Scrivo (ho scritto) come una dannata, scrivo di qua cose che mi paiono interessanti o che mi colpiscono o fanno arrabbiare, scrivo di là cose utili a me e che dovrebbero essere utili a tutti coloro che hanno un blog su wordpress.com e parlano italiano. Ho scritto post belli, bellissimi, brutti, bruttissimi, utili, inutili, insignificanti, commoventi, irritanti, intelligenti, sciocchi, densi di contenuti, vuoti come uova di cioccolata. Poi ho scritto sta menata qua sotto sul lapsus di questo tizio della cui esistenza, fino a ieri, manco ero al corrente.

Indovinate un po’: è il post – in assoluto su tutte le piattaforme che mai mi abbiano ospitata – più letto che abbia scritto (e sull’unica cosa bella del post, il video degli Abba, ha cliccato il 2 per mille dei visitatori). Se continua così mi supera anche il roast beef. Lasciatemelo dire: che tristezza, ragazzi!

Cazzo che Uàterlo

Si chiama Luca Luciani, su Forbes leggo che è nato a Padova, ma a sentirlo parlare si direbbe alla Garbatella. È, a quanto mi pare di capire, il COO della TIM, ma, soprattutto, è un meme vivente (vi metto qui il link al post che più mi è piaciuto, quello di Nicola Mattina, da leggere anche i commenti) da quando è spuntato fuori un video, pubblicato persino nientedopodimenoché da Repubblica, in cui questo signore, nel tempo record di un minuto e quarantotto secondi, oltre a dire due volte “incazzata”, una volta “cazzo” ed una volta “cazzata” (quello che si dice un raffinato retore, insomma), ci racconta una versione estremamente personalizzata della grande vittoria di Napoleone a Waterloo (pronunciato Uàterlo), centrando un clamoroso autogol, o, per rimanere in tema, una vera e propria Waterloo, se mi permettete il piccolo gioco di parole.

Ora, qui si potrebbe continuare a fare facile ironia sul livello culturale e le conoscenze storiche di questo signore, o anche sulla competenza del reparto HR del suo datore di lavoro, ma lo stanno già facendo in tanti. Io, impressionata e anche un po’ impietosita da cotanta ignoranza, vorrei semplicemente aiutare questo signore a colmare l’evidente lacuna culturale dedicandogli una famosa canzone degli Abba ed invitandolo ad ascoltare attentamente il testo (o a farselo tradurre dall’inglese al romanesco da qualche anima pia).

Cari coglioni

coglioneGli italiani all’estero, altresì noti come coglioni residenti all’estero, sono attualmente oggetto di un impudente corteggiamento da parte del “Popolo della Libertà”.

Molti di coloro che inseriscono google Adsense nei loro blog non lo sanno, ma questo è quello che vediamo noi, coglioni residenti in Germania, quando arriviamo sui loro blog. Questa schermata proviene dal blog di una persona che, se lo sapesse, sicuramente rinuncerebbe agli adsense in toto.

Ma non è tutto: questa settimana, in qualità di cogliona iscritta all’AIRE, la famigerata anagrafe degli italiani residenti all’estero, ho ricevuto una lettera firmata da nientedopodimenoché Silvio in persona: a quanto pare il database dell’AIRE non è soggetto alla legge sulla privacy ed è libero di distribuire i dati dei residenti all’estero a cani e porci. La lettera ve la riporto qui di seguito, perché merita davvero.
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B.O.(h)

Alle due c’era già la fila.
Il discorso sarebbe iniziato alla otto di sera e alle due c’era già la fila per entrare.
Quando sono uscito dal lavoro alle cinque mi sono diretto con una certa fretta verso il palazzetto.
Vedevo le macchine della polizia parcheggiate di traverso a Main Street con i lampeggianti accesi. Davanti ad ogni ingresso c’era una moltitudine di persone disposta in ordinate file indiane lunghe poco meno di un chilometro.
Qua e là giravano dei tipi con dei borsoni che vendevano magliette, spille e cappellini.
L’ultima volta che ho visto così  tanta gente era al concerto dei Tool.

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La logica delle cose – Il progetto CoBIs

Le cose, gli oggetti e gli utensili hanno una loro logica inerente. La loro forma “traduce” la logica secondo la quale l’uomo li ha inventati e costruiti. Mi spiego, senza tirare in ballo le categorie aristoteliche, che sarebbero peraltro pertinenti, se non fosse che il mio Aristotele è restato in terza liceo (e da laggiù mi fa ciao ciao con la manina).
Un tavolo ha una forma tale per sedercisi di fronte, appoggiare i gomiti, tenere su piatti e bicchieri. Se avete fatto un picnic saprete quanto un tavolo è utile (in vita mia ne ho fatto uno che avevo cinque anni. I conflitti scatenati si sono trascinati per mesi: formiche unne, bottiglie che cadono e spandono il contenuto e io che rotolavo tra il cibo non hanno certamente trasformato la mia famiglia in quella del Mulino Bianco).
Sì certo, se vi sta arrivando Chuck Norris in casa con i volantini elettorali di Huckabee, potrete usare il tavolo per barricarvi dentro. Ma diciamo che la logica del tavolo è più o meno fissata. E comunque non basterà certo un tavolo per fermare Chuck Norris.
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Agenda Setting

Uno dei libri più interessanti che mi sia capitato di leggere recentemente è Setting the agenda di Maxwell Mccombs.
L’autore iniziò a studiare gli effetti dell’interazione tra media e opinione pubblica nel 1968 in concomitanza con le elezioni presidenziali statunitensi. In questi anni ha finito per elaborare una teoria che ha chiamato Agenda Setting.

Cosa c’è dietro a questa teoria? L’idea che l’importanza di un problema nella pubblica opinione è determinata dall’importanza con cui questo problema è trattato dai media.
A questo livello la teoria sembrerebbe quasi un’ovvietà, ma vista da più vicino questa ovvietà ha degli aspetti sorprendenti.
Il primo è che non esiste nessuna relazione di sorta tra l’esistenza di un fatto nei media e nella realtà.
Nessuna.
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Tutto… in una volta

La Creazione di Adamo
Con questo titolo è andata in onda nell’ultimo giorno dell’anno appena passato, su rai 3, un’interessantissima trasmissione condotta da Corrado Augias dedicata agli affreschi della Cappella Sistina ad opera di Michelangelo. Nel desolato panorama di labbra a canotto e calendar girls offerto dalla televisione italiana, un vero e proprio regalo, come Augias stesso definisce la puntata in questione.

Trasmissioni che si occupano in modo più o meno divulgativo e/o noioso di opere d’arte ce ne sono abbastanza spesso: quello che mi ha colpita di questa trasmissione in particolare, a parte la spocchia del conduttore, è l’innovativa lettura dell’opera, guidata da un libro di recente pubblicazione, “La Sistina svelata” di Heinrich Pfeiffer, che si occupa dettagliatamente della simbologia degli affreschi, inserita nel contesto delle riflessioni teologiche del tempo e ce la rivela immagine per immagine. I venti minuti di trasmissione, che si occupano solo di alcune immagini, quelle più note, scorrono via velocissimi grazie alle chiose dell’autore del libro, presente in studio, lasciando il desiderio di saperne di più.

Se ve la siete persa, avete la possibilità di guardarvela con comodo su rai.tv: I messaggi nascosti della Cappella Sistina. Consideratelo il mio regalo per augurarvi Buon Anno.

Idee (altrui)

Stavo per cedere alla tentazione di scrivere un post introspettivo e lagnoso, ma tutto sommato lagnarmi non fa per me. Per sottrarmi all’impulso vi segnalo un’iniziativa interessante di un altro espatriato: Antonio Cangiano, che con queste parole

Insoddisfatto dalla realtà delle pubblicazioni IT in Italia, ho deciso di avviare un progetto che provi ad introdurre una piccola rivoluzione nel mercato del nostro paese. Stacktrace.it vuole essere un sito che non si limita a scimmiottare i vari blog internazionali, ma che propone contenuti originali di alta qualità che possano informare, istruire, ma soprattutto influenzare la crescita del nostro settore, cronicamente arretrato rispetto al resto dei paesi industrializzati.

apre l’annuncio della nascita di Stacktrace.it, un blog informatico “duro e puro”.

Fa nulla se non siete informatici, a me quest'(ottima) idea fa sorgere, specialmente alla luce delle mie esperienze personali anche degli ultimissimi giorni, due interrogativi un po’ provocatori (tralascio il pippone che vorrei scrivere, perché mi piacerebbe che si sviluppasse una discussione):
1. Perché l’idea viene ad un italiano che risiede all’estero?
2. Perché i partecipanti sono tutti uomini?

Flädle (Minestra di frittatine)

Ora, questo, decisamente, non è un food blog, no. Non ci provo nemmeno. Questo blog contiene 304 articoli suddivisi in 19 categorie e la bellezza di 3115 commenti (e qualcosa come 35800 commenti spam). Di quei trecentoquattro post, ben otto sono ricette (semiserie). A guardare le statistiche riguardanti le chiavi di ricerca con cui arrivate qui dovrei dire: grazie al cielo che li ho scritti. Quindi ora ve ne beccate un altro (e sono nove).

I Flädle sono una specialità della Svevia. Il nome sta per piccole frittate, anche se, a dire il vero un Fladen (che è la versione grande del Flädle) è anche un’altra cosa brutta che fanno le mucche, ma è meglio che non scenda in particolari. Ora, che ci fanno, in Svevia, con le frittatine (o crespelle che dir si voglia)? Le arrotolano e le tagliano a striscioline, e poi le mettono in una bella scodella di brodo fumante. Sono buonissime e semplici da fare (tra l’altro si prestano anche per essere fatte con la farina senza glutine); se è buono anche il brodo, è un ottimo primo piatto per una cena invernale.
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